Dall’Archivio Rivarossi: E428, per qualche PROTOTIPO in più…

Quest’oggi avevo un appuntamento particolare, un appuntamento con la storia.

Dopo decenni di ricerche, studi e catalogazioni, ho avuto la fortuna – onestamente insperata – di entrare in possesso di alcuni oggetti custoditi gelosamente e privatamente all’interno dell’ex Museo Rivarossi, marchio storico del modellismo italiano ancora oggi esistente seppur con proprietà straniera, facenti parte dell’Archivio omonimo.

Fu proprio in conseguenza del passaggio di proprietà, circa un ventennio fa, che venne presa la decisione aziendale – alquanto discutibile – di destinare al mercato quell’enorme tesoro accumulato in più di mezzo secolo di produzione, custodito all’interno dell’originario stabilimento a Como e aperto al pubblico per tanto tempo.

da “Loco Revue”, n°516, June 1989, pag.402

Lì erano esposti oltre a qualche modello di svariate aziende europee, migliaia di modelli Rivarossi di serie, prototipi originali, esemplari sperimentali ed altre rarità mai commercializzate né tantomeno uscite dalle mura aziendali che, nell’insieme, andavano a ricostruire il retaggio dell’azienda comasca dagli albori fino ai primi anni Duemila.

Quest’oggi ho l’onore di poter ospitare sugli scaffali della mia modesta bacheca un piccolo, piccolissimo frammento di quel tesoro, proveniente direttamente d’oltre manica dove fu rilevato (nel 2006) e poi venduto recentemente (a partire dal 2022) da una rinomata Casa d’Aste inglese che si è impegnata in questi anni a frammentare l’intero magazzino.

Il valore storico, seppur si tratti di soli tre modellini, è enorme e quello collezionistico incalcolabile come testimoniano le etichette applicate sotto agli esemplari in esame, firmate a mano e recitanti ancora l’ordine di esposizione sulle vetrine dell’ex Museo; vetrine che, tra l’altro, furono immortalate in alcuni video amatoriali ancora oggi fruibili sul web nonché in un articolo di una rivista modellistica francese (“Loco Revue, n°516 June ’89, pag.402) dedicato proprio al marchio Rivarossi, in cui celebre divenne una fotografia di una bacheca dello stabilimento. È proprio quell’immagine, insieme ad alcune pagine del volume edito da C. Molfa nel 1981 (“RIVAROSSI 1946-1981”) in occasione dei trentacinque anni di attività del marchio comasco, a testimoniare l’esistenza e l’unicità di alcuni modelli, tra cui vari prototipi, tester ed esemplari sperimentali nonché, per l’esattezza, proprio i protagonisti di questo piccolo lotto ritrovato.

i 3 modelli fotografati e precedentemente esposti nel Museo con n° seriali 936 – 938 – 939

Scendendo nel dettaglio, stiamo parlando di tre riproduzioni del locomotore elettrico FS E428, declinato da Rivarossi nelle tre differenti Serie costruttive: I con avancorpi, II semi-aerodinamica e III aerodinamica. Il lotto comprende due modelli canonici (I e II Serie) ed uno veramente particolare (III Serie): si tratta di un prototipo mai entrato in commercio, realizzato plausibilmente nel corso degli anni ’60 (come testimoniato da molti dettagli e componenti tipici del periodo) con alcune particolarità che lo rendono unico, per l’appunto.

Prima di continuare però, è d’obbligo una premessa storica, al fine di comprendere al meglio questa avvincente ed interessante vicenda.

Rivarossi, differentemente dalle Ferrovie dello Stato Italiane, inaugurò la propria riproduzione del locomotore in esame con l’unità di II Serie nel 1960 quando, probabilmente in modo inaspettato, si trovò a dover fronteggiare l’uscita sul mercato del medesimo modello ad opera del marchio tedesco Fleischmann, storica azienda teutonica. Infatti, la prima apparizione ufficiale del “Le428/R” Rivarossi compare proprio sulle pagine del catalogo 1960 attraverso la pubblicazione di una fotografia ampiamente ritoccata di quello che doveva essere nientemeno che il prototipo ancora non definitivo del modello, esemplare tra l’altro riconoscibile nella fotografia delle vetrine del Museo per il tetto grigio, che giace a pochi centimetri dal “trio” qui descritto proprio sulla medesima mensola. Ad ogni modo, già nel corso del 1961 l’E428-166 era disponibile sugli scaffali dei negozi e “pronto all’uso” nella sua veste definitiva.

Tuttavia, mentre Fleischmann si fermò alla riproduzione dell’unità di II Serie, l’Azienda di Como non tardò molto ad annunciare anche le altre due riproduzioni mancanti all’appello, facendo uscire ufficialmente prima l’unità di I Serie – nel catalogo 1966 – ed infine quella aerodinamica solo all’inizio del decennio successivo – nel 1971. Entrambi i due nuovi modelli vennero lanciati sul mercato in un momento storico in cui Rivarossi aveva già equipaggiato i propri treni con nuova componentistica elettrica e meccanica: dal nuovo tipo di motore ai pantografi neri a doppio strisciante (denominati Tipo 52 FS).

Eppure, l’oggetto di cui andiamo a parlare – ovvero l’unità di III Serie presente in questo lotto proveniente dall’Archivio – nulla ha a che vedere con tutto ciò; infatti, essendo addirittura un esemplare privo di motorizzazione, mantiene caratteristiche estetiche tipicamente legate ad una concezione arretrata rispetto alla data ufficiale d’uscita del vero e proprio modello definitivo (1971) come testimoniato dai pantografi rossi con chiusura a scatto – identificativi di tutti gli anni ’60, le ruote dei carrelli motore di un rosso vivo senza l’arricchimento delle balestre e della struttura successive e la colorazione castano/isabella con tonalità cromatiche tipiche di quel decennio.

Scendendo poi nel dettaglio, veniamo ora ai particolari che rendono questo modellino “unico”: a differenza di qualsiasi E428 Rivarossi, il tetto delle due cabine di guida ha un taglio netto rispetto all’imperiale del corpo centrale e si presenta in color isabella anziché castano (similmente all’interpretazione dei primi E424 ed E636 rivarossiani). Inoltre, i due panconi frontali recitano le scritte “E428-166”, come anche le targhette del corpo centrale (erroneamente, dato che stiamo parlando di un’unità di III Serie); è superfluo sottolineare come la matricola n°166 sia quella del primo modello sopracitato riprodotto da Rivarossi nel 1960. Tutto ciò non fa altro che porre le basi per una tesi secondo la quale il modello in esame potrebbe essere stato un esperimento basato su un esemplare già esistente, utilizzato come punto di partenza per una successiva evoluzione, poi accantonata e dopo alcuni anni, rimaneggiata. Un altro tassello coerente con questa ipotesi è costituito dalle due testate aerodinamiche che presentano un raggio di curvatura differente da quelle del definitivo E428 di III Serie del 1971; anche il tipico finestrino a mezzaluna delle unità aerodinamiche possiede una forma tutta unica qui e, ad un’analisi approfondita, risulta intagliato artigianalmente nella plastica (si nota distintamente, infatti, la forma originale rettangolare coerente con l’intero corpo centrale della macchina, da cui è stato poi derivato l’intaglio manuale nella tipica forma a mezzaluna).

Continuando a parlare dei frontali, si aggiungano, in ultima istanza, ulteriori particolarità: i due finestrini frontali, ciechi su entrambe le testate con una superficie piana verniciata nel tipico grigio Rivarossi; l’assenza totale di chiodature lungo la testata aerodinamica realizzata artigianalmente ed incollata al corpo centrale con tanto di impronta ancora ben visibile, nonché finti fanali chiusi con tappi in plastica trasparente.

Nel complesso, questi ed altri dettagli ancora uniti alle immagini qui inserite, compongono il quadro finale, arricchito dalle prove documentali sui volumi e le riviste del settore sopra menzionati.

In definitiva, tutti e tre questi modelli costituiscono dei veri pezzi di storia – della storia di Rivarossi – ed in particolare l’ultimo rappresenta un unicum, quel famoso “one of a kind” che mai avremmo dovuto vedere o, meglio, possedere!

Personalmente considere un privilegio essere entrato in possesso di questi esemplari, al di là della presenza o meno di un modello particolare come quello appena descritto e su cui mi sono soffermato maggiormente; il sol pensiero di poter ammirare e per di più toccare con mano – impensabile nella normalità degli eventi – ciò che è stato esposto per mezzo secolo in un museo non può che inorgoglirmi ma soprattutto emozionarmi se penso a quante volte da piccolo ho sfogliato le pagine del volume di C.Molfa ammirando e fantasticando su alcuni modelli ignoti, mai visti, inspiegabili…in una parola: “impossibili”. Avere l’opportunità di materializzare quei sogni di piccolo collezionista maneggiando proprio quei modelli (e non simili o derivati, bensì quei modelli) è qualcosa di difficile comprensione e spiegazione. Non penso che Rivarossi avrebbe mai potuto immaginare la alquanto strana destinazione risrevata dal fato per alcuni dei suoi modelli “privati”…ma mi impegnerò a meritarla!

Andrea F. FerrariRimini, Aprile 2024

…ed ora, godiamoci qualche altra fotografia di questo piccolo tesoretto !

Jolly Cicchetti

[tratto da Ferrari A.F., “Scala H0 – i Pionieri del fermodellismo in Italia”, NewPress Edizioni, Lomazzo (CO), 2022 – http://www.newpressedizioni.com/scheda-libro/andrea-ferruccio-ferrari/scala-h0-9788893562157-727024.html]

L’imprenditore milanese Luciano Cicchetti, dopo aver rilevato il marchio “Conti” al principio degli anni Sessanta, tentò di rilanciare la propria attività fermodellistica attraverso una scelta innovativa ed in netta contrapposizione rispetto ai canoni aziendali, sia tecnici che costruttivi, fino a quel momento perseguiti e caratterizzanti il mondo dei trenini Conti.

Con il nuovo marchio “Jolly Cicchetti”, depositato dall’imprenditore milanese stesso, venne effettuato un tentativo di riconversione – negli intenti pressoché totale – della produzione all’insegna della plastica, materiale innovativo già ampiamente protagonista nel panorama nazionale che avrebbe dovuto sostituire l’utilizzo del metallo, ormai troppo costoso ed antiquato. Fu così che nella prima metà del decennio anche la produzione di Bollate approdava sul panorama del treno giocattolo inaugurato qualche anno prima dalla vicentina Lima.

Simpatico ed interessante l’aneddoto alle spalle del nominativo Jolly: all’epoca della gestione Cicchetti gran parte della produzione ferroviaria era dislocata nel nuovo stabilimento di Via Biumi, nel cui cortile vivevano due cani-lupo di nome Jolly e Poker che giocavano spesso con il figlio di Luciano Cicchetti, Roberto. Fu proprio quest’ultimo a suggerire al padre il nome Jolly dato che l’altro era già, notoriamente, occupato.

Immagine: per gentile concessione Archivio R. Cicchetti

Nonostante i buoni presupposti ed anche un discreto risultato costruttivo, pur senza ricercare realismo e fedeltà, quella del Jolly fu una chiosa finale ad una avventura aziendale – i treni Conti – destinata a spegnersi lentamente sotto le sferzate di nuovi protagonisti del tempo.

Sebbene negli intenti aziendali i modelli da realizzare sotto questo nuovo marchio fossero almeno un paio, fu soltanto uno lo start-set ed il relativo convoglio che venne realizzato durante le pochissime annate in cui il semisconosciuto marchio milanese fu attivo: una confezione iniziale con locomotore elettrico, carrozze passeggeri, binari e trasformatore per allestire una insolita composizione di sapore mitteleuropeo.

Tutti gli elementi dell’impianto proposto non avevano nulla a che fare con la restante produzione e risultavano pesantemente ispirati – come era solito all’epoca – da modelli di altri costruttori. In particolare, l’unica motrice mai realizzata costituiva una versione del molto diffuso – a livello modellistico – locomotore elettrico francese BB9200, copiato dall’omonima e leggermente più antica edizione del produttore francese VB (BB9211) errori di stampo compresi, che nella versione Jolly venne erroneamente siglato “BB-921”.

Locomotore elettrico BB-921: carrozzeria completamente in plastica, carrelli in zama, motorizzazione in corrente continua con trasmissione ad elastico, senza illuminazione e con pantografi metallici. https://ilbombolone.wordpress.com/#jp-carousel-1731

Seppur realizzato completamente in plastica, questo modello aveva una buona resa estetica in linea con quella degli altri produttori operativi nel mercato del trenino giocattolo ed era dotato di carrelli in zama, pantografi metallici di fattura Conti, una buona motorizzazione di nuova concezione destinata esclusivamente alla corrente continua, priva di ingranaggi con una discreta forza di trazione e fluidità di movimento; nessuna possibilità di captare la corrente dalla linea aerea né predisposizione all’illuminazione per un prodotto che nasceva volutamente economico e, almeno nell’intento originario, in competizione con le altre proposte semplificate destinate ai bambini.

Insolito, rispetto all’unità motrice, era il materiale trainato (completamente realizzato in plastica e copiato anch’esso da analoghi modelli di altri costruttori) incluso nella confezione. Tre carrozze passeggeri a carrelli di matrice tedesca e italiana tutte uguali suddivise in I e II classe che si presentavano in variopinte livree: castano/isabella, diverse tonalità di verde o anche giallo e rosso. 

Corredavano e chiudevano la confezione un cerchio di binari a due vie di fattura Conti insieme ad un trasformatore con carcassa in plastica marcato “Jolly” di colore bordeaux o azzurro, tra l’altro non sempre presente all’interno delle confezioni omonime.

Fu questa l’unica confezione realizzata nel paio di annate in cui il set venne commercializzato, prima di scomparire così come l’intera produzione e gamma dei treni Conti. Una scelta, quella del Jolly, che avrebbe dovuto costituire il trampolino di lancio, almeno sulla carta, per una riconversione produttiva dal metallo alla plastica ed un salvifico approdo nel nuovo settore del treno giocattolo. Aspettative disilluse sin da subito cui, infatti, non seguirono alcuni step successivi lasciando cadere nell’oblio del tempo questo suggestivo “sogno di mezza estate” italiano.

Due confezioni Jolly con diverse tonalità dei rotabili

Logo ufficiale “Jolly Cicchetti”

Sopra: due diverse tonalità di colore per il locomotore

Sotto: dépliant originale incluso nelle confezioni Jolly

Per saperne di più click ⬆️

i Prototipi Rivarossi

In questa sede non si ha la presunzione di affermare certezze e/o verità come in un’aula di tribunale: ci si limiterà, semplicemente ed appassionatamente, ad analizzare le fonti a nostra disposizione, siano esse cartacee che concrete, a seguito dei recenti sviluppi riguardo questo tema (2023).

Quello dei “prototipi” è da sempre un argomento che all’appassionato e lettore risulta abbastanza intricato, complesso ed anche alquanto spinoso da digerire. In realtà, tenendo alta la bandiera dell’onestà intellettuale e difendendo le opinioni di tutti, quello che i recenti – e spesso tristi quanto nostalgici – sviluppi commerciali che ruotano attorno all’ex Museo / Archivio Rivarossi hanno dimostrato è che, all’interno delle mura un tempo situate a Como, erano dislocati innumerevoli modelli che potrebbero a buon diritto rientrare nel grande insieme delle famigerate produzioni di “pre-serie” o definibili come “prototipi”.

Lungo i decenni, alcune immagini “strane” ed a volte incoerenti con la produzione canonica non sono mancate all’attenzione dell’occhio attento del fermodellista rivarossiano…limitandosi semplicemente all’osservazione incuriosita di certe incongruenze dovute a stampe assai vetuste come quelle dei primi tempi di vita dell’azienda (si pensi ai primi cataloghi in bianco e nero) o anche a immagini di qualche decade più giovani. Il fatto che, a seguito delle ormai note vicende societarie dei primi anni duemila, l’ex Museo e Archivio Rivarossi sia stato ceduto insieme al marchio omonimo, ha portato all’attenzione degli appassionati alcuni esemplari fino a quel momento unicamente conservati fuori dalla portata visiva dello spettatore esterno all’azienda – salvo alcune eccezioni per quanto riguardava modelli esposti nelle teche del fu Museo.

Una delle teche dell’Ex Museo Rivarossi a Como. Si possono notare, tra gli altri, i prototipi di E428 e di E636 – immagine tratta da http://www.rivarossi-memory.it/

È così che molte delle possibili risposte ai tanti dubbi che per anni – personalmente parlando – hanno attanagliato i cuori e le menti degli appassionati, ad oggi possono forse avere risposte più concrete con la consultazione di vere fotografie in luogo di stampe antiquate.

Un’opera encomiabile (pur dovendo ignorare indicazioni didascaliche spesso e volentieri errate) è da sempre stata rappresentata dal volume “Rivarossi 1946-1981” C. Molfa Editore, 1981, in cui si possono ammirare vari esemplari degni di nota in quanto rappresentanti proprio alcuni dei soggetti in questo articolo analizzati; al momento della pubblicazione del volume in esame questi modelli erano ancora conservati nello stabilimenti di Como, pur raffigurando solamente una esigua parte di quello che era gelosamente ivi contenuto.

Immagini tratte dal volume “RIVAROSSI”, C. Molfa Editore comparate con quelle dei cataloghi originali dell’epoca

Per vie traverse, ad oggi, il contenuto di tutto il tesoro “collezionato” in Rivarossi dalla fondazione alla chiusura, nel 2004, è stato ammirato sicuramente in parte e questo vale anche per i cosiddetti “modelli prototipo” che, nel corso degli anni, sono stati oggetto di leggende, mitizzazioni e rare osservazioni (attraverso immagini collezionistiche frutto di regali, donazioni, testimonianze di ex dipendenti entrati in possesso di alcuni cimeli ecc. Recentemente, sulla piattaforma online di una Casa d’aste inglese nota per aver ricevuto molti lotti del’ex Archivio, si sono potuti ammirare – con non poca rassegnazione – gran parte dei tesori un tempo conservati a Como tra cui, appunto, anche alcuni esemplari che potremmo, a buon diritto, definire come di pre-serie per fattezze e caratteristiche).

Prototipo E428 non ultimato su una fiancata comparato con immagine da catalogo 1960

Il testo che segue cercherà di analizzare da un punto di vista imparziale le caratteristiche di alcuni esemplari interessanti confrontando immagini storiche originali dell’azienda con quelle finora reperite.

Nell’analizzare l’evoluzione di un determinato modello (non solo nel mondo modellistico) non si può non iniziare dalle pre-produzioni di cui spesso si sa poco o niente, proprio perché forse realizzate in pochissimi esemplari, se non unici, ad oggi ormai distrutti e/o persi (anche nella memoria storica…)

Nel nostro argomento, in particolare durante gli anni ’40 e i primi ’50 del secolo scorso, il mondo Rivarossi – così come quello di ogni azienda operante in un settore commerciale – conobbe inizialmente un livello di produzione definibile “artigianale” quanto a fattezze e caratteristiche produttive dei propri manufatti; eppure, parlare di artigianalità per definire una produzione di pre-serie o a livello di prototipo non è corretto del tutto.

Cos’è, innanzitutto, un prototipo?

Prototipo E633 – immagine tratta da https://www.passionetreninilima.com/#/

Se si effettua una semplice ricerca su internet, alla voce prototipo viene data la seguente definizione: << Il prototipo è il modello originale o il primo esemplare di un manufatto, rispetto a una sequenza di eguali o similari realizzazioni successive. Normalmente costruito in modo artigianale e in scala 1:1, sul prototipo verranno effettuati collaudi, modifiche e perfezionamenti, fino al prototipo definitivo >>

Una cosa è certa: anche in Rivarossi i prototipi venivano realizzati, così come in ogni azienda commerciale. La questione interessante è capire se, una volta terminato il proprio scopo (che inizialmente era quello di fungere da test per la produzione vera e propria ma, a volte, che finiva anche per costituire la base per fotografie indirizzate al lancio in anteprima di novità su cataloghi e riviste dedicate) venissero distrutti oppure conservati. La bellezza dell’ex Museo Rivarossi stava anche nella lungimirante opera di catalogazione e collezione operata dal proprio fondatore. Infatti, sin dagli esordi, era uso in Rivarossi accantonare il primo modello della nuova produzione insieme ad esemplari frutto dell’opera di altre aziende del settore utili per confronti. Niente può far supporre che anche le pre-produzioni o i prototipi venissero accatastati nelle stesse teche…così come nulla, d’altra parte, potrebbe far pensare il contrario, dopotutto!

Non mancano le testimonianze a riguardo (dalle più autorevoli come quella dello stesso Ing. Rossi in persona, ad altre più “distaccate” come, a livello fotografico, quella bellissima offertaci dal volume Molfa). Tuttavia, sono stati inoltre gli stessi cataloghi – inutile negare – a fornirci immagini di modelli anomali, molto spesso nelle vesti dei nuovi lanci, leggermente differenti dalle rispettive produzioni ufficialmente commercializzate appena qualche tempo dopo (non v’è chi non veda alcune incongruenze come, per fare un esempio noto a tutti, l’immagine raffigurante il locomotore E656 Caimano fotografato nelle pagine del catalogo 1975 in livrea TEE, rimasto un unicum. Confrontando il modello concreto a nostra disposizione con l’immagine del catalogo, si può notare come la scritta frontale “E 656-001” sia scritta a mano libera con le stesse sbavature visibili dal catalogo originale!).

Prototipo E656 in livrea TEE comparata con immagine da catalogo 1975

Gli esempi potrebbero andare avanti a lungo, una volta analizzate tutte le pagine di tutti i cataloghi editi dal 1946 (dalla prima immagine raffigurante il prototipo del locomotore E626) al 2004 (con analogo prototipo della E402A). Sono numerosi i prototipi a nostra conoscenza e in calce a questo articolo ne verranno illustrati alcuni.

Basta poco per cogliere le numerose differenze a livello estetico di certe fotografie (si pensi alle prime immagini stampate del locomotore E424, E636, Abl Badoni o E428) ma non eguale considerazione si può fare per decifrare i motivi dei rispettivi inserimenti sui cataloghi anche se, tra le varie teorie ed ipotesi, non sembra strano  ipotizzare che tali modelli, seppur spesso incompleti e non terminati, venissero realizzati in un momento temporale vicino alla pubblicazione dei nuovi cataloghi e che quindi fossero utilizzati per la stampa spesso in bianco/nero, non essendo, dopotutto molto discostanti da quelli poi ufficialmente venduti (si sta pur sempre parlando di pre-produzioni e test quasi definitivi per essere quanto meno scelti come campioni da immortalare nero su bianco). È utile precisare, in conclusione, come nell’Archivio Rivarossi fossero conservati esemplari di ogni sorta e “epoca progettuale”: non esistendo un inventario o catalogo dei prototipi, i modelli che costituivano le cosiddette “pre-serie” costituivano varie fasi della progettazione, più o meno definitiva e, proprio per questo motivo, si conoscono ad oggi diverse versioni primitive di un medesimo esemplare, con step progettuali differenti impressi sulle proprie carrozzerie, in continua evoluzione fino al prodotto definitivo. Ciò che ci viene offerto per la prima volta attraverso l’opera di vendita dell’ex Archivio Rivarossi è appunto tutta la mole di un bagaglio storico raccolto in decenni…ricostruirne e decifrarne le caratteristiche (come se fossimo anche noi tutto ad un tratto “dietro le quinte” non è certo semplice operazione). Forse limitarsi a raccogliere ed analizzare la testimonianza – ora concreta – sarebbe l’attività intellettuale più corretta.

Prototipo E424 – catalogo 1952

Un dato che finora non si è menzionato in questa affascinante tematica è l’ambito costruttivo. Rivarossi è da sempre stata sinonimo di innovazione soprattutto per quanto riguardava i materiali costruttivi: si è detto e più volte ripetuto, infatti, come la principale novità nel lontano 1945 fosse stata la scelta della bachelite come materiale utilizzato per carrozzerie e carrelli dei modelli, in un mondo dominato dal metallo.

prototipi An1 con carrozzeria in metallo

Il tema prototipi, invece, merita una precisazione a parte che è stata fornita dalle stesse testimonianze di cui sopra e da quelle ormai più recenti e concrete: al posto della plastica, inizialmente, le prime fasi di costruzione di una carrozzeria conoscevano il legno, il lamierino ma anche l’ottone…tutti materiali duttili e utili a prove e test, sia fisici che scenici.

Prototipo E626 con carrozzeria in metallo comparato con immagini tratte dal volume “RIVAROSSI”, C. Molfa Editore e con pubblicità d’epoca de “La Rivista Del Giocattolo” 1946

I reperti fotografati tutt’oggi, perfettamente combacianti con alcune delle poche immagini presenti sui cataloghi, sono effettivamente realizzati in metallo o legno e spesso incompleti ed, ovviamente, prove / testimonianze concrete non mancano all’appello.

Ad oggi si è in grado di censire e analizzare – attraverso immagini storiche e non – una cospicua serie di modelli definibili come prototipi.


Prototipo E633 comparso sul catalogo 1983/84 – immagine tratta da https://www.passionetreninilima.com/#/
Prototipo Tram Edison con carrozzeria in metallo e primitivo sistema di trolley – immagine tratta da Museo Virtuale Rivarossi http://www.museovirtualerivarossi.it/ Di seguito i prototipi di Mallet Norfolk – Rio Grande – Aln668 – Mallet DB con carrozzeria in legno non ultimata su una fiancata – immagini tratte da Museo Virtuale Rivarossi http://www.museovirtualerivarossi.it/


NUOVO LIBRO : “Scala H0 – I Pionieri”

STORIA DEI PIONIERI DEL FERMODELLSIMO IN ITALIA

Autore: Andrea Ferruccio FerrariEditore: New Press EdizioniData di Pubblicazione: Novembre 2022EAN/ISBN: 9788893562157Formato: 19X28 cmPagine: 304Euro: 32,00

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Inoltre il libro è reperibile presso le più note librerie online e fisiche : Mondadori – Feltrinelli – Hoepli – Ibs – Libreria universitaria e tante altre ancora !

Il libro descrive la nascita del TRENINO ELETTRICO ITALIANO in Scala H0 (16,5 mm). Al suo interno sono citati e analizzati tutti i pionieri del settore, dai più noti a quelli spesso dimenticati che, a partire dal secondo dopoguerra del secolo scorso, posero le basi del modellismo ferroviario in Italia.

Attraverso l’analisi dei tre storici marchi italiani (Rivarossi, Lima e Conti) e la riscoperta di antiche leggende dimenticate (Favero, Pocher, PVZ, CosMo, GEM, Ingap), “Scala H0 – Storia dei pionieri del fermodellismo in Italia” rappresenta l’antologia completa del trenino elettrico italiano vintage, raccontata con circa 300 immagini a colori e altrettante pagine testuali per mezzo dei suoi pionieri.

Pionieri…ma chi erano costoro?

L’odierno modellismo ferroviario nacque solamente a ridosso della conclusione della Seconda Guerra Mondiale, in un’epoca in cui il nostro Paese si stava accingendo a voltare pagina, ancora ignaro tanto della ritrovata serenità quanto del terribile scenario che gli si sarebbe prospettato dinanzi; eppure, per quel che attiene questa sede, all’interno della nuova realtà proiettata anche nel settore di un innovativo giocattolo tecnologico come lo stava diventando il trenino elettrico, già in quel tempo alcune piccole società intrapresero quella che si sarebbe poi rivelata la vera strada del fermodellismo ante litteram (basti pensare ad un nome su tutti come Rivarossi, ma non solo).

Tra il 1945 e il 1946 i nascenti marchi dedicati al settore del treno in miniatura furono svariati nel nostro Paese e ritengo che anche i cosiddetti “dimenticati” – a causa della loro breve permanenza – meritino alcune pagine dedicate alla propria storia, in una trattazione scritta che, manca all’appello perché anch’essi certamente hanno contribuito, chi più chi meno, a porre le basi per tutto il mondo del modellismo ferroviario e la sua evoluzione fatta anche di paragoni, confronti, battaglie commerciali e tecniche; modellismo che tante persone, ancora oggi, amano e alimentano, spesso ignare, spesso volutamente indifferenti, nei confronti dei pionieri di questo stupendo settore.


Stand RIVAROSSI®️HobbyModelExpo 2023 Verona

Si ringrazia Hornby Italia e Rivarossi per la gentile ed inaspettata esposizione del volume nello stand dedicato all’Hobby Model Expo 2023 di Verona.


Lima 2M (bimotore)

Nel 1962 Lima propose una versione speciale bimotore per i suoi tre primi locomotori, ovvero l’E424-143, la D342-4005 e la BB9210. I pochissimi esemplari realizzati in tale configurazione non vengono mai menzionati in cataloghi.

Gli Art. 8021 2M, 8022 2M e 8023 2M compaiono solamente su alcuni Listini Prezzi.

Questi speciali esemplari nascono da un’iniziativa pubblicitaria di Lima che, nell’autunno del 1962, allestì nel salone della Basilica Palladiana di Vicenza un grande ovale di binari della lunghezza di più di 100 metri.

Su questo enorme percorso sono stati fatti circolare due treni, uno con in testa una E424 e l’altro con una D342, entrambe bimotore con al traino più di 60 carri e carrozze ciascuno. Essendo parte della primitiva produzione, anche il locomotore francese BB9210 venne inserito in questa speciale quanto sconosciuta edizione (successivamente, per il marchio olandese HEMA – Lucky-Life venne realizzata anche una versione in livrea blu per il solo mercato olandese e annunciata l’analoga bimotore).

BB9210 – 1962, Art. 8021 2M bimotore
BB9210 – Lima per HEMA (Olanda)

Gli esemplari bimotori corrispondono perfettamente alle versioni standard dello stesso anno, con pantografi primitivi; ad oggi costituiscono delle assolute rarità.

vv. Andrea Ferruccio Ferrari, LIMA – L’evoluzione dei primi modelli delle FF.SS., 2019, Sandit-Libri Editore, Bergamo

LIBRO CONTI CO.MO.G.E.

Il testo descrive l’evoluzione di tutti i MODELLI MOTORIZZATI prodotti nelle loro innumerevoli versioni e varianti, dall’inizio della produzione nel 1946, alla fine degli Anni ’60. Il tutto è corredato da documenti storici, testimonianze e numerose immagini collezionistiche di questi antichi ed affascinanti trenini elettrici, tipico esempio del Made in Italy.

Il volume è reperibile su:

https://www.sanditlibri.it/conti-co-mo-g-e.html

https://www.amazon.it/ref=nav_logo

https://www.amazon.it/s?k=conti+comoge&__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&crid=2M0XPU1DQ5EF8&sprefix=conti+comoge%2Caps%2C400&ref=nb_sb_noss_1

Restauro An1 Rivarossi N°10 E – 1946/47

” Per Aspera ad Astra “

Esporremo qui di seguito la vicenda che ha coinvolto questo splendido modellino Rivarossi, che ben può essere riassunta dalla locuzione latina: “Per Aspera ad Astra”… perchè? scopriamolo !

Innanzitutto è fondamentale sapere di cosa si sta parlando: quello che abbiamo di fronte è il risultato finale che ha riportato ai fasti di un tempo questa bella Littorina RR… ma di che modello si tratta per l’esattezza? il “Bombolone” – come soprannominato ironicamente dai fermodellisti più datati – altro non è che la prima realizzazione di una automotrice diesel delle FFSS, realizzata e lanciata da Rivarossi, nel lontano 1947. Un modello che, persino agli occhi di un appassionato di fermodellismo degli anni ’50/’60, poteva “stonare” se raffrontato ai coevi locomotori sempre rivarossiani, più dettagliati…eppure sta proprio qui tutto il suo fascino. Il modello, che in origine voleva riprodurre una delle Littorina Fiat in uso sulla rete FS, venne proposto sin dal ’47 in svariate versioni che differivano semplicemente e unicamente per la colorazione (originariamente ottenuta con la naturale miscela della bachelite grezza, poi mescolata con altri additivi ottenendo così svariati e vivaci risultati di tonalità come beige – verde – rosso – azzurro e bianco) e per il sistema di funzionamento (AC – CC, 2 – 3 rotaie). Uscì da catalogo intorno al 1951/52, cosa che ne rende, al giorno d’oggi, difficilissima la reperibilità.

Catalogo Rivarossi 1947

Il modello qui descritto costituisce una delle primissime realizzazioni come testimoniato dal N° seriale (” 10 E “) punzonato sulla zavorra, come accadeva in RR unicamente dagli esordi della produzione fino appena al ’48 circa, anno in cui avvenne il progressivo passaggio alla classificazione numerica attraverso le tipiche decals a tre cifre stampate e applicate lungo panconi e/o zavorre dei locomotori. A differenza di Conti, però, la ridottissima produzione primordiale RR provvista di zavorre punzonate non seguiva un andamento progressivo corale…bensì selettivo per ogni singolo modello (per cui l’esemplare illustrato risulta essere niente meno che la “decima” Littorina realizzata – e montata dal costruttore esterno ” E “). Altra interessantissima caratteristica di questo raro modello è il sistema di alimentazione, unico nel suo genere: infatti il motore – dotato di ruote in bachelite a vela piena – funziona in Corrente Alternata (AC) a due rotaie, in coerenza con tutti i modelli primordiali RR, ma non è dotato di inversione di marcia. Attenzione! E’ noto che la maggior parte delle An1 RR erano proposte senza l’inversione di marcia…ma erano pur sempre dotate di levetta posta nel sotto-cassa appunto per il cambio di direzione manuale. Solamente i modelli più lussuosi erano predisposti di inversione automatica a distanza. Ebbene, questa An1 N°10 E risulta essere una variante – originale al 100% – nata con SOLA MARCIA AVANTI. Non è presente in nessun catalogo ma si ha testimonianza dell’esistenza di tali versioni grazie a listini prezzi di fine anni ’40 in cui è riportata la possibilità di ordinare varianti ulteriormente semplificate, rispetto alle già economiche Serie Ec. e St, con la finalità di abbattere ulteriormente i prezzi di vendita.

E 10 ” punzonato sulla zavorra – assenza di levetta – ruote in bachelite e pattini in ottone

Il Restauro … conservativo

FASE 0

Il modello si presenta in condizioni disastrate, con una parte di carrozzeria e una intera testata completamente mancanti. Fortunatamente la restante scocca è intatta e non ha alcun altro difetto. Entrambi i carrelli sono in buone condizioni, completi, integri e soprattutto funzionanti. L’impresa di restauro parte come disperata…le aspettative sono basse…ma la speranza è l’ultima a morire !

Il modello in origine pre-restauro

FASE 1

La prima idea è quella di provare a realizzare la testata mancante con tecnologia 3D. Grazie alla conoscenza, alla dedizione e soprattutto all’impegno di Stampa 3D online | 3DPrintIdeas.IT inizia lo studio grafico che porterà alla prima realizzazione del modello 3D dell’intera scocca che dovrà poi essere stampata, tagliata e modellata sulla parte originale.

Intanto i due carrelli – motore e folle – seppur in ordine e funzionanti, necessitano di una buona revisione totale e vengono inviati nella vicina Bologna (…e dove senno?). La mano attenta ed esperta di Rivarestore.com – ricambi rivarossi in zama scala 1/80 | Rivarossi trains parts 1:80 completa questa prima fase di restauro riportando in perfetto ordine di mobilità il vecchissimo motorino RR.

Carrozzeria replicata + carrelli e motore revisionati

FASE 2

Essendo già a buon punto – forse anche in modo inaspettato – occorre ora completare l’opera con la riverniciatura integrale della carrozzeria che si mostra per il momento “incerottata” e doppiamente grezza. Potrebbe sembrare la parte più facile…al contrario! Infatti originariamente la tonalità del modello era ottenuta non con una verniciatura, bensì con la stessa bachelite grezza, dai toni per nulla uniformi. Per non rischiare di “compromettere” il più che buon andamento del restauro, occorre ancora una volta accuratezza, professionalità, realismo (una triade che forse susciterà la memoria di qualcuno…?)…ma soprattutto esperienza. E ancora una volta, la logistica gioca a nostro favore grazie all’intervento di Home – One Design Art – Andrea Criscione Official Website che, con un intervento certosino e professionale, riesce a rendere la nostra An1 quasi identica, nella sua concretezza e consistenza, a come si mostrava esattamente 74 anni fa !

Carrozzeria ridipinta con aerografo per replicare le macule della bachelite

FASE 3

I componenti ci sono, l’entusiasmo non manca e l’emozione nemmeno ! La An1 “più economica dell’economica” torna a splendere e a percorrere i binari della nostra piccola – ma grande – passione !

FASI DEL RESTAURO

Testata replicata con tecnologia 3D
Carrozzeria ridipinta con aerografo e pennello
Carrelli con supporto originale in bronzo pressofuso – ruote in bachelite – pattini in ottone

424/1 Conti Co.Mo.G.E.

La versione economica ad 1 motore

1° versione – N°40752 – 1962

Caratterizzata sin da principio per la tipica caratteristica della doppia motorizzazione, che ne faceva una delle locomotrice più potenti del parco macchine disponibile per il fermodellista dell’immediato dopoguerra, la E424 di Conti conobbe, lungo il suo vasto cammino di più di vent’anni, anche una variante economizzata e semplificata equipaggiata con un solo motore.

Tal modello, classificato con referenza “424/1 SM“, fa la sua comparsa solamente sugli ultimi due cataloghi editi dalla ormai ditta “Cicchetti”, risalenti alla metà degli anni ’60. Tuttavia, confrontando le numerazioni seriali dei locomotori, possiamo confermare che questa insolita variante venne messa in commercio già qualche anno prima, a partire circa dal 1962.

Utilizzando sempre il metodo “sperimentale” empirico basato sull’accertamento visivo e su testimonianze “concrete”, si possono forse delineare alcune linee guida per una corretta catalogazione…pur con tutte le dovute osservanze del caso: questo modello fu probabilmente un esperimento per far fronte all’esigenza di competere con i nuovi produttori della locomotiva E424 del tempo (Lima e Marklin su tutti) che irruppero nel settore andando a proporre quella ventata d’aria fresca e nuova (per la migliore finitura e fedeltà riproduttiva) che iniziò a relegare il modello Conti (legato ancora alla sua vecchia filosofia – ed anche molto più costoso) in secondo piano agli occhi del mondo del fermodellista, fino a quel momento conteso unicamente da Rivarossi. Proprio il fattore economico fu il principale fine di questa manovra: dalle £.11.600 si riuscì a passare alle £.8.900, pur mantenendo un ottimo prodotto in rapporto a qualità/prezzo.

Eppure… fu un esperimento…sì, ma destinato ad avere poco successo (pur sempre mantenendo il modello una buona potenza di traino grazie al solido motore C) tant’è che al giorno d’oggi queste versioni risultano molto rare e di difficile reperimento.

Cercando di stilare un’evoluzione per questa – seppur esigua – produzione, l’analisi degli esemplari in questione incontrati fino ad ora mostra come le prime versioni (con N° seriali dell’ordine del 40.000) furono caratterizzate dalla insolita – e unica – colorazione dei carrelli in nero, anzichè nel canonico marrone. Una scelta questa senza una concreta logica evolutiva dato che, parallelamente e anche in seguito, le successive 424 a 2 motori mantennero inalterata la cromia marrone dei carrelli. Sempre basandoci sull’analisi visiva, si può anche osservare come queste prime versioni fossero prive delle decals laterali “424 C” in piena coerenza con quella che doveva essere una versione economica del modello base. Ciò che costituisce però un punto innovativo – anche se non unico di questa serie – molto importante è senza dubbio il nuovo mantello: l’introduzione della versione semplificata coincide circa anche con quella della nuova carrozzeria “chiusa”, cioè senza i due intagli per le spazzole dei motori. Soluzione, questa, adottata con la conseguente introduzione di un nuovo telaio metallico all’interno del modello, ancorato al mantello attraverso due viti sul tetto. Un risultato certo più coerente con la realtà e meno antiestetico per gli occhi del fermodellista del tempo.

Proseguendo nella evoluzione, per quanto la versione semplificata sia stata breve, si è potuto riscontrare anche un’altra variazione di qualche annata successiva (il N° seriale infatti è dell’ordine del 44.000): carrelli fedelmente in marrone e decals laterali al loro posto, con un risultato finale che tornava ad avvicinarsi di più, quindi, al modello canonico.

In conclusione, si trattò di una scommessa commerciale, destinata – o quanto meno nelle intenzioni – ad offrire un’alternativa semplificata e più economica volendo provare a rientrare, circa, nella stessa “carreggiata” dei modelli contemporanei poco sopra menzionati (sicuramente ancora molto più costosa di Lima…ma leggermente più economica di Rivarossi). Un modello semplificato, è vero, ma pur sempre non ridotto all’osso, essendo dotato di respingenti molleggiati e di fanali funzionanti sincronizzati.

E’ verosimile ritenere che la 424/1 abbia cessato di esistere prima del termine della produzione della ditta……ed è proprio questo il motivo che fa di essa, ad oggi, una vera rarità.

E424 Bis Conti Co.Mo.G.E.

N. 424 bis T. E. – 1948

Collezione personale autore

I treni elettrici Co.Mo.G.E. – o come erano meglio denominati ufficialmente, “Ferrovia Elettrica Conti” – vengono prodotti a partire dal 1946, immediatamente dopo la fine del Secondo Conflitto Mondiale, per opera della passione e dell’ingegno dei tre fratelli Parretti, ferrovieri essi stessi.

Sebbene il primo brevetto di cui siamo tutti a conoscenza fosse la elettromotrice Ale880 (di cui già abbiamo parlato), il nostro beneamato locomotore E424 non tardò molto ad arrivare sugli scaffali…anzi, già nello stesso anno 1946 era in produzione assieme alla littorina (…diciamo di appena qualche mese più giovane!).

I 424 di Conti (anzi, inizialmente, di Co.Mo.G.E.) sono stati l’unico modello della neonata ditta a durare sino alla chiusura delle attività, sul finire degli anni ’60 del secolo scorso, a riprova dell’enorme successo avuto, tanto per l’affidabilità, quanto per il loro inconfondibile fascino estetico. Nell’arco di un ventennio si contano innumerevoli varianti di estetica e funzionamento tant’è che enumerarle tutte è cosa complicatissima se non quasi impossibile… Potremmo utilizzare una frase, in uso tra i modellisti più esperti, per descrivere i 626 di Rivarossi: “in tanti anni non ne ho mai viste due uguali…” ed è vero! Quando si parla di classificazione di 424 Conti si parla dell’intera storia ed evoluzione produttiva di questa piccola – grande – Casa lombarda operativa nel secolo scorso.

Oggi illustriamo uno di questi splendidi e mastodontici modelli, proveniente da un set che fu acquistato nel lontano 1948. La confezione, originariamente denominata “N. 424 bis T. E.” già sul primo catalogo edito dalla Casa, comprendeva il locomotore, tre carri merci diversi tra loro, dodici rotaie curve inclusa una di contatto e sei rotaie dritte; inoltre il trasformatore da 15 W con levetta per il cambio di direzione e a corredo, ovviamente, il libretto di manutenzione insieme al meno noto ricambio per il locomotore di mollette e spazzole (in questo set ancora miracolosamente presente e mai aperto).

Inutile e impossibile trascrivere su carta (pardon…su schermo dovrei dire) le sensazioni che un collezionista e amante di fermodellismo vintage può provare nell’aprire e, soprattutto, nell’udire ronzare i due motorini di questo gioiellino, vogliosi di sgranchirsi un po’ gli ingranaggi dopo ben 73 anni di riposo!

Il N° seriale del 424 che analizziamo in questo bel set (N°1602) lo fa risalire appunto al 1948, come testimoniato dalla comparazione con altro materiale Conti coevo attraverso l’analisi dei Numeri seriali punzonati nel sottocassa dei modelli (progressivi e non settoriali per tutti i rotabili motorizzati della Casa). Il modello, funzionante in CA su armamento a tre rotaie, è munito di due motori disposti asimmetricamente con apertura per spazzole (qui ancora a testa liscia) una per lato mantello. Monta i tipici ganci primordiali ad uncino e i corrimano frontali nonché al di sotto dei finestrini. I carri merci a corredo sono di tre tipologie diverse: chiuso con porte scorrevoli, aperto a sponde alte e aperto a sponde basse, anch’essi muniti di ganci primordiali e bollini “Co.Mo.G.E.”.

spazzole asimmetriche e ancora a testa liscia
N°1602
carri merci primordiali
Libretto di manutenzione e confezione spazzole di ricambio
Trasformatore con levetta cambio direzione

E ora qualche nota sull’EVOLUZIONE del mitico 424 Conti

Il Primo tipo di 424 prodotto da Co.Mo.G.E. risale appunto al lontano 1946, come testimoniato dal N° seriale punzonato nel sotto-cassa di tutti i locomotori Conti. I più antichi ritrovamenti fanno risalire uno di questi modelli alla numerazione dell’ordine del 600…di poco più giovane, come si accenna poco sopra, solamente alle littorine elettriche. La prima versione è inconfondibile per via delle sue sagome più arrotondate e “bombate” rispetto ai successivi esemplari. Il funzionamento, previsto su armamento a tre rotaie in CA, avveniva per mezzo di due potenti motori che, nelle prime versioni, erano disposti in modo da mostrare le spazzole uno per fiancata (con una estetica asimmetrica quindi); scelta che verrà poi abbandonata già a partire dal 1948/49. Inoltre, per rimanere in tema di componentistica, i primi modelli sono dotati di coprispazzole a testa liscia, senza taglio a vite.

Via via nel tempo, prima di arrivare al 1952 e alla definitiva Nuova Generazione, costanti nuovi dettagli verranno introdotti e/o sostituiti: ad esempio i corrimano saranno semplificati e ridotti di numero, i ganci primordiali ad uncino sostituiti con una versione automatica ad occhiello più funzionale… Tuttavia, è più giusto parlare di vera e propria Terza versione per i modelli prodotti a cavallo tra il 1948/49, con i nuovi tagli simmetrici del mantello per l’alloggiamento delle spazzole.

Intorno al 1952 viene introdotto il metodo della pressofusione: gli spessori diminuiscono e i dettagli aumentano, raggiungendo un livello estetico che rimarrà quasi invariato fino al termine della produzione. I modelli proposti da questo momento – con N° seriale dell’ordine degli 8000 – funzionano ancora in CA fino alla metà del decennio quando verranno poi accompagnati e, man mano, surclassati, dalle nuove versioni in CC a due rotaie.

A fronte della medesima configurazione dei corrimano frontali – fino quasi a fine produzione – i pantografi subiscono una riduzione graduale delle dimensioni fino alla vera e propria sostituzione con nuovo tipo più simile ai Marklin dell’epoca.

Nuove ghiere ai fanali (scomparse sulle ultimissime produzioni) e corrimano sempre più ridotti di dimensioni caratterizzano gli ultimi modelli della metà del nuovo decennio a fronte però dell’invariata livrea nel “tipico” giallo Conti.

Non sono mancate varianti “special” nel corso del ventennio, come ad esempio la versione verde (di ultimissima generazione 1967 circa) e quella economica a un solo motore (di metà anni ’60 spesso con carrelli neri anzichè marroni).

Alcune versioni delle varie generazioni – Collezione C.C.

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