Quest’oggi avevo un appuntamento particolare, un appuntamento con la storia.
Dopo decenni di ricerche, studi e catalogazioni, ho avuto la fortuna – onestamente insperata – di entrare in possesso di alcuni oggetti custoditi gelosamente e privatamente all’interno dell’ex Museo Rivarossi, marchio storico del modellismo italiano ancora oggi esistente seppur con proprietà straniera, facenti parte dell’Archivio omonimo.
Fu proprio in conseguenza del passaggio di proprietà, circa un ventennio fa, che venne presa la decisione aziendale – alquanto discutibile – di destinare al mercato quell’enorme tesoro accumulato in più di mezzo secolo di produzione, custodito all’interno dell’originario stabilimento a Como e aperto al pubblico per tanto tempo.
Lì erano esposti oltre a qualche modello di svariate aziende europee, migliaia di modelli Rivarossi di serie, prototipi originali, esemplari sperimentali ed altre rarità mai commercializzate né tantomeno uscite dalle mura aziendali che, nell’insieme, andavano a ricostruire il retaggio dell’azienda comasca dagli albori fino ai primi anni Duemila.
Quest’oggi ho l’onore di poter ospitare sugli scaffali della mia modesta bacheca un piccolo, piccolissimo frammento di quel tesoro, proveniente direttamente d’oltre manica dove fu rilevato (nel 2006) e poi venduto recentemente (a partire dal 2022) da una rinomata Casa d’Aste inglese che si è impegnata in questi anni a frammentare l’intero magazzino.
Il valore storico, seppur si tratti di soli tre modellini, è enorme e quello collezionistico incalcolabile come testimoniano le etichette applicate sotto agli esemplari in esame, firmate a mano e recitanti ancora l’ordine di esposizione sulle vetrine dell’ex Museo; vetrine che, tra l’altro, furono immortalate in alcuni video amatoriali ancora oggi fruibili sul web nonché in un articolo di una rivista modellistica francese (“Loco Revue”, n°516 June ’89, pag.402) dedicato proprio al marchio Rivarossi, in cui celebre divenne una fotografia di una bacheca dello stabilimento. È proprio quell’immagine, insieme ad alcune pagine del volume edito da C. Molfa nel 1981 (“RIVAROSSI 1946-1981”) in occasione dei trentacinque anni di attività del marchio comasco, a testimoniare l’esistenza e l’unicità di alcuni modelli, tra cui vari prototipi, tester ed esemplari sperimentali nonché, per l’esattezza, proprio i protagonisti di questo piccolo lotto ritrovato.
Scendendo nel dettaglio, stiamo parlando di tre riproduzioni del locomotore elettrico FS E428, declinato da Rivarossi nelle tre differenti Serie costruttive: I con avancorpi, II semi-aerodinamica e III aerodinamica. Il lotto comprende due modelli canonici (I e II Serie) ed uno veramente particolare (III Serie): si tratta di un prototipo mai entrato in commercio, realizzato plausibilmente nel corso degli anni ’60 (come testimoniato da molti dettagli e componenti tipici del periodo) con alcune particolarità che lo rendono unico, per l’appunto.
Prima di continuare però, è d’obbligo una premessa storica, al fine di comprendere al meglio questa avvincente ed interessante vicenda.
Rivarossi, differentemente dalle Ferrovie dello Stato Italiane, inaugurò la propria riproduzione del locomotore in esame con l’unità di II Serie nel 1960 quando, probabilmente in modo inaspettato, si trovò a dover fronteggiare l’uscita sul mercato del medesimo modello ad opera del marchio tedesco Fleischmann, storica azienda teutonica. Infatti, la prima apparizione ufficiale del “Le428/R” Rivarossi compare proprio sulle pagine del catalogo 1960 attraverso la pubblicazione di una fotografia ampiamente ritoccata di quello che doveva essere nientemeno che il prototipo ancora non definitivo del modello, esemplare tra l’altro riconoscibile nella fotografia delle vetrine del Museo per il tetto grigio, che giace a pochi centimetri dal “trio” qui descritto proprio sulla medesima mensola. Ad ogni modo, già nel corso del 1961 l’E428-166 era disponibile sugli scaffali dei negozi e “pronto all’uso” nella sua veste definitiva.
Tuttavia, mentre Fleischmann si fermò alla riproduzione dell’unità di II Serie, l’Azienda di Como non tardò molto ad annunciare anche le altre due riproduzioni mancanti all’appello, facendo uscire ufficialmente prima l’unità di I Serie – nel catalogo 1966 – ed infine quella aerodinamica solo all’inizio del decennio successivo – nel 1971. Entrambi i due nuovi modelli vennero lanciati sul mercato in un momento storico in cui Rivarossi aveva già equipaggiato i propri treni con nuova componentistica elettrica e meccanica: dal nuovo tipo di motore ai pantografi neri a doppio strisciante (denominati Tipo 52 FS).
Eppure, l’oggetto di cui andiamo a parlare – ovvero l’unità di III Serie presente in questo lotto proveniente dall’Archivio – nulla ha a che vedere con tutto ciò; infatti, essendo addirittura un esemplare privo di motorizzazione, mantiene caratteristiche estetiche tipicamente legate ad una concezione arretrata rispetto alla data ufficiale d’uscita del vero e proprio modello definitivo (1971) come testimoniato dai pantografi rossi con chiusura a scatto – identificativi di tutti gli anni ’60, le ruote dei carrelli motore di un rosso vivo senza l’arricchimento delle balestre e della struttura successive e la colorazione castano/isabella con tonalità cromatiche tipiche di quel decennio.
Scendendo poi nel dettaglio, veniamo ora ai particolari che rendono questo modellino “unico”: a differenza di qualsiasi E428 Rivarossi, il tetto delle due cabine di guida ha un taglio netto rispetto all’imperiale del corpo centrale e si presenta in color isabella anziché castano (similmente all’interpretazione dei primi E424 ed E636 rivarossiani). Inoltre, i due panconi frontali recitano le scritte “E428-166”, come anche le targhette del corpo centrale (erroneamente, dato che stiamo parlando di un’unità di III Serie); è superfluo sottolineare come la matricola n°166 sia quella del primo modello sopracitato riprodotto da Rivarossi nel 1960. Tutto ciò non fa altro che porre le basi per una tesi secondo la quale il modello in esame potrebbe essere stato un esperimento basato su un esemplare già esistente, utilizzato come punto di partenza per una successiva evoluzione, poi accantonata e dopo alcuni anni, rimaneggiata. Un altro tassello coerente con questa ipotesi è costituito dalle due testate aerodinamiche che presentano un raggio di curvatura differente da quelle del definitivo E428 di III Serie del 1971; anche il tipico finestrino a mezzaluna delle unità aerodinamiche possiede una forma tutta unica qui e, ad un’analisi approfondita, risulta intagliato artigianalmente nella plastica (si nota distintamente, infatti, la forma originale rettangolare coerente con l’intero corpo centrale della macchina, da cui è stato poi derivato l’intaglio manuale nella tipica forma a mezzaluna).
Continuando a parlare dei frontali, si aggiungano, in ultima istanza, ulteriori particolarità: i due finestrini frontali, ciechi su entrambe le testate con una superficie piana verniciata nel tipico grigio Rivarossi; l’assenza totale di chiodature lungo la testata aerodinamica realizzata artigianalmente ed incollata al corpo centrale con tanto di impronta ancora ben visibile, nonché finti fanali chiusi con tappi in plastica trasparente.
Nel complesso, questi ed altri dettagli ancora uniti alle immagini qui inserite, compongono il quadro finale, arricchito dalle prove documentali sui volumi e le riviste del settore sopra menzionati.
In definitiva, tutti e tre questi modelli costituiscono dei veri pezzi di storia – della storia di Rivarossi – ed in particolare l’ultimo rappresenta un unicum, quel famoso “one of a kind” che mai avremmo dovuto vedere o, meglio, possedere!
Personalmente considere un privilegio essere entrato in possesso di questi esemplari, al di là della presenza o meno di un modello particolare come quello appena descritto e su cui mi sono soffermato maggiormente; il sol pensiero di poter ammirare e per di più toccare con mano – impensabile nella normalità degli eventi – ciò che è stato esposto per mezzo secolo in un museo non può che inorgoglirmi ma soprattutto emozionarmi se penso a quante volte da piccolo ho sfogliato le pagine del volume di C.Molfa ammirando e fantasticando su alcuni modelli ignoti, mai visti, inspiegabili…in una parola: “impossibili”. Avere l’opportunità di materializzare quei sogni di piccolo collezionista maneggiando proprio quei modelli (e non simili o derivati, bensì quei modelli) è qualcosa di difficile comprensione e spiegazione. Non penso che Rivarossi avrebbe mai potuto immaginare la alquanto strana destinazione risrevata dal fato per alcuni dei suoi modelli “privati”…ma mi impegnerò a meritarla!
Andrea F. Ferrari – Rimini, Aprile 2024
…ed ora, godiamoci qualche altra fotografia di questo piccolo tesoretto !