i Prototipi Rivarossi

In questa sede non si ha la presunzione di affermare certezze e/o verità come in un’aula di tribunale: ci si limiterà, semplicemente ed appassionatamente, ad analizzare le fonti a nostra disposizione, siano esse cartacee che concrete, a seguito dei recenti sviluppi riguardo questo tema (2023).

Quello dei “prototipi” è da sempre un argomento che all’appassionato e lettore risulta abbastanza intricato, complesso ed anche alquanto spinoso da digerire. In realtà, tenendo alta la bandiera dell’onestà intellettuale e difendendo le opinioni di tutti, quello che i recenti – e spesso tristi quanto nostalgici – sviluppi commerciali che ruotano attorno all’ex Museo / Archivio Rivarossi hanno dimostrato è che, all’interno delle mura un tempo situate a Como, erano dislocati innumerevoli modelli che potrebbero a buon diritto rientrare nel grande insieme delle famigerate produzioni di “pre-serie” o definibili come “prototipi”.

Lungo i decenni, alcune immagini “strane” ed a volte incoerenti con la produzione canonica non sono mancate all’attenzione dell’occhio attento del fermodellista rivarossiano…limitandosi semplicemente all’osservazione incuriosita di certe incongruenze dovute a stampe assai vetuste come quelle dei primi tempi di vita dell’azienda (si pensi ai primi cataloghi in bianco e nero) o anche a immagini di qualche decade più giovani. Il fatto che, a seguito delle ormai note vicende societarie dei primi anni duemila, l’ex Museo e Archivio Rivarossi sia stato ceduto insieme al marchio omonimo, ha portato all’attenzione degli appassionati alcuni esemplari fino a quel momento unicamente conservati fuori dalla portata visiva dello spettatore esterno all’azienda – salvo alcune eccezioni per quanto riguardava modelli esposti nelle teche del fu Museo.

Una delle teche dell’Ex Museo Rivarossi a Como. Si possono notare, tra gli altri, i prototipi di E428 e di E636 – immagine tratta da http://www.rivarossi-memory.it/

È così che molte delle possibili risposte ai tanti dubbi che per anni – personalmente parlando – hanno attanagliato i cuori e le menti degli appassionati, ad oggi possono forse avere risposte più concrete con la consultazione di vere fotografie in luogo di stampe antiquate.

Un’opera encomiabile (pur dovendo ignorare indicazioni didascaliche spesso e volentieri errate) è da sempre stata rappresentata dal volume “Rivarossi 1946-1981” C. Molfa Editore, 1981, in cui si possono ammirare vari esemplari degni di nota in quanto rappresentanti proprio alcuni dei soggetti in questo articolo analizzati; al momento della pubblicazione del volume in esame questi modelli erano ancora conservati nello stabilimenti di Como, pur raffigurando solamente una esigua parte di quello che era gelosamente ivi contenuto.

Immagini tratte dal volume “RIVAROSSI”, C. Molfa Editore comparate con quelle dei cataloghi originali dell’epoca

Per vie traverse, ad oggi, il contenuto di tutto il tesoro “collezionato” in Rivarossi dalla fondazione alla chiusura, nel 2004, è stato ammirato sicuramente in parte e questo vale anche per i cosiddetti “modelli prototipo” che, nel corso degli anni, sono stati oggetto di leggende, mitizzazioni e rare osservazioni (attraverso immagini collezionistiche frutto di regali, donazioni, testimonianze di ex dipendenti entrati in possesso di alcuni cimeli ecc. Recentemente, sulla piattaforma online di una Casa d’aste inglese nota per aver ricevuto molti lotti del’ex Archivio, si sono potuti ammirare – con non poca rassegnazione – gran parte dei tesori un tempo conservati a Como tra cui, appunto, anche alcuni esemplari che potremmo, a buon diritto, definire come di pre-serie per fattezze e caratteristiche).

Prototipo E428 non ultimato su una fiancata comparato con immagine da catalogo 1960

Il testo che segue cercherà di analizzare da un punto di vista imparziale le caratteristiche di alcuni esemplari interessanti confrontando immagini storiche originali dell’azienda con quelle finora reperite.

Nell’analizzare l’evoluzione di un determinato modello (non solo nel mondo modellistico) non si può non iniziare dalle pre-produzioni di cui spesso si sa poco o niente, proprio perché forse realizzate in pochissimi esemplari, se non unici, ad oggi ormai distrutti e/o persi (anche nella memoria storica…)

Nel nostro argomento, in particolare durante gli anni ’40 e i primi ’50 del secolo scorso, il mondo Rivarossi – così come quello di ogni azienda operante in un settore commerciale – conobbe inizialmente un livello di produzione definibile “artigianale” quanto a fattezze e caratteristiche produttive dei propri manufatti; eppure, parlare di artigianalità per definire una produzione di pre-serie o a livello di prototipo non è corretto del tutto.

Cos’è, innanzitutto, un prototipo?

Prototipo E633 – immagine tratta da https://www.passionetreninilima.com/#/

Se si effettua una semplice ricerca su internet, alla voce prototipo viene data la seguente definizione: << Il prototipo è il modello originale o il primo esemplare di un manufatto, rispetto a una sequenza di eguali o similari realizzazioni successive. Normalmente costruito in modo artigianale e in scala 1:1, sul prototipo verranno effettuati collaudi, modifiche e perfezionamenti, fino al prototipo definitivo >>

Una cosa è certa: anche in Rivarossi i prototipi venivano realizzati, così come in ogni azienda commerciale. La questione interessante è capire se, una volta terminato il proprio scopo (che inizialmente era quello di fungere da test per la produzione vera e propria ma, a volte, che finiva anche per costituire la base per fotografie indirizzate al lancio in anteprima di novità su cataloghi e riviste dedicate) venissero distrutti oppure conservati. La bellezza dell’ex Museo Rivarossi stava anche nella lungimirante opera di catalogazione e collezione operata dal proprio fondatore. Infatti, sin dagli esordi, era uso in Rivarossi accantonare il primo modello della nuova produzione insieme ad esemplari frutto dell’opera di altre aziende del settore utili per confronti. Niente può far supporre che anche le pre-produzioni o i prototipi venissero accatastati nelle stesse teche…così come nulla, d’altra parte, potrebbe far pensare il contrario, dopotutto!

Non mancano le testimonianze a riguardo (dalle più autorevoli come quella dello stesso Ing. Rossi in persona, ad altre più “distaccate” come, a livello fotografico, quella bellissima offertaci dal volume Molfa). Tuttavia, sono stati inoltre gli stessi cataloghi – inutile negare – a fornirci immagini di modelli anomali, molto spesso nelle vesti dei nuovi lanci, leggermente differenti dalle rispettive produzioni ufficialmente commercializzate appena qualche tempo dopo (non v’è chi non veda alcune incongruenze come, per fare un esempio noto a tutti, l’immagine raffigurante il locomotore E656 Caimano fotografato nelle pagine del catalogo 1975 in livrea TEE, rimasto un unicum. Confrontando il modello concreto a nostra disposizione con l’immagine del catalogo, si può notare come la scritta frontale “E 656-001” sia scritta a mano libera con le stesse sbavature visibili dal catalogo originale!).

Prototipo E656 in livrea TEE comparata con immagine da catalogo 1975

Gli esempi potrebbero andare avanti a lungo, una volta analizzate tutte le pagine di tutti i cataloghi editi dal 1946 (dalla prima immagine raffigurante il prototipo del locomotore E626) al 2004 (con analogo prototipo della E402A). Sono numerosi i prototipi a nostra conoscenza e in calce a questo articolo ne verranno illustrati alcuni.

Basta poco per cogliere le numerose differenze a livello estetico di certe fotografie (si pensi alle prime immagini stampate del locomotore E424, E636, Abl Badoni o E428) ma non eguale considerazione si può fare per decifrare i motivi dei rispettivi inserimenti sui cataloghi anche se, tra le varie teorie ed ipotesi, non sembra strano  ipotizzare che tali modelli, seppur spesso incompleti e non terminati, venissero realizzati in un momento temporale vicino alla pubblicazione dei nuovi cataloghi e che quindi fossero utilizzati per la stampa spesso in bianco/nero, non essendo, dopotutto molto discostanti da quelli poi ufficialmente venduti (si sta pur sempre parlando di pre-produzioni e test quasi definitivi per essere quanto meno scelti come campioni da immortalare nero su bianco). È utile precisare, in conclusione, come nell’Archivio Rivarossi fossero conservati esemplari di ogni sorta e “epoca progettuale”: non esistendo un inventario o catalogo dei prototipi, i modelli che costituivano le cosiddette “pre-serie” costituivano varie fasi della progettazione, più o meno definitiva e, proprio per questo motivo, si conoscono ad oggi diverse versioni primitive di un medesimo esemplare, con step progettuali differenti impressi sulle proprie carrozzerie, in continua evoluzione fino al prodotto definitivo. Ciò che ci viene offerto per la prima volta attraverso l’opera di vendita dell’ex Archivio Rivarossi è appunto tutta la mole di un bagaglio storico raccolto in decenni…ricostruirne e decifrarne le caratteristiche (come se fossimo anche noi tutto ad un tratto “dietro le quinte” non è certo semplice operazione). Forse limitarsi a raccogliere ed analizzare la testimonianza – ora concreta – sarebbe l’attività intellettuale più corretta.

Prototipo E424 – catalogo 1952

Un dato che finora non si è menzionato in questa affascinante tematica è l’ambito costruttivo. Rivarossi è da sempre stata sinonimo di innovazione soprattutto per quanto riguardava i materiali costruttivi: si è detto e più volte ripetuto, infatti, come la principale novità nel lontano 1945 fosse stata la scelta della bachelite come materiale utilizzato per carrozzerie e carrelli dei modelli, in un mondo dominato dal metallo.

prototipi An1 con carrozzeria in metallo

Il tema prototipi, invece, merita una precisazione a parte che è stata fornita dalle stesse testimonianze di cui sopra e da quelle ormai più recenti e concrete: al posto della plastica, inizialmente, le prime fasi di costruzione di una carrozzeria conoscevano il legno, il lamierino ma anche l’ottone…tutti materiali duttili e utili a prove e test, sia fisici che scenici.

Prototipo E626 con carrozzeria in metallo comparato con immagini tratte dal volume “RIVAROSSI”, C. Molfa Editore e con pubblicità d’epoca de “La Rivista Del Giocattolo” 1946

I reperti fotografati tutt’oggi, perfettamente combacianti con alcune delle poche immagini presenti sui cataloghi, sono effettivamente realizzati in metallo o legno e spesso incompleti ed, ovviamente, prove / testimonianze concrete non mancano all’appello.

Ad oggi si è in grado di censire e analizzare – attraverso immagini storiche e non – una cospicua serie di modelli definibili come prototipi.


Prototipo E633 comparso sul catalogo 1983/84 – immagine tratta da https://www.passionetreninilima.com/#/
Prototipo Tram Edison con carrozzeria in metallo e primitivo sistema di trolley – immagine tratta da Museo Virtuale Rivarossi http://www.museovirtualerivarossi.it/ Di seguito i prototipi di Mallet Norfolk – Rio Grande – Aln668 – Mallet DB con carrozzeria in legno non ultimata su una fiancata – immagini tratte da Museo Virtuale Rivarossi http://www.museovirtualerivarossi.it/


Pubblicato da ilBombolone95

Appassionato, collezionista, storico di modellismo ferroviario d'epoca

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